I racconti dei cacciatori di acquatici
Caccia
Specie Cacciabili
Uccelli acquatici
Riconoscimento
Ambiente
Avvistamenti
Storia e Tradizioni
Nomi Dialettali
Studi&Ricerche
Angra Onlus
Home Anatidi.it
 



Scrivi alla Redazione


Il laghetto di Celestino di Gaetano Boccola
  Ne avevo solo sentito parlare, il mitico laghetto si trovava tra Margherita di Savoia e Zapponeta, a non più di 200 metri dalla battigia e a 700 dalla statale che costeggiava la zona ormai diventata parco dell'ex Daunia Risi.
Enzo e Giorgio si stavano organizzando per l'uscita della domenica sul laghetto preso in affitto da Celestino, il mezzadro che si occupava della gestione di quei terreni avari a causa della massiccia presenza di sabbia e di acqua salmastra, ma che per la posizione occupata rappresentavano un potenziale punto di sosta per gli acquatici che facevano la spola tra le zone delle saline, il mare e l'area protetta.
Avevo poco più di 6 anni e quando mi dissero che sarei potuto andare con loro mi sembrò di toccare il cielo con un dito, passai gran parte della serata a preparare gli indumenti che avrei indossato, era dicembre inoltrato e nonostante il clima che ai tempi garantiva una mitezza costante, l'umidità e il levante che imperversava da alcuni giorni consigliavano una particolare cura nella scelta che ricadde su calzamaglia coperture varie di lana pesante e i miei mai dimenticati stivaletti di gomma.
Non riuscii a chiudere occhio, era la prima uscita "ufficiale" alle anatre e l'ora della partenza, le tre, sembrava non arrivare mai. Durante tutto il viaggio non staccai il naso dal finestrino che continuava ad appannarsi, partendo da Bari l'850 azzurra di Enzo sfilava lungo tutti i paesi immersi nel buio, Molfetta, Trani, Barletta, Margherita di Savoia ed infine ecco apparire le famose saline, che a stento si intravedevano nel buio fitto e, finalmente, ci inoltrammo sulla stradina poderale che non so come era stata individuata al lato della statale, i sobbalzi si trasmettevano sino al cuore e forse era solo il cuore che l'eccitazione di avvicinarsi alla meta faceva battere come una campana impazzita.
Ci fermammo, all'aprire degli sportelli l'aria fredda ed umida che ci investì mi sembrò la cosa più gradevole che potesse esserci ed i rumori tipici dell'ambiente acquatico pian piano si fecero largo pervadendomi di una sensazione di ebbrezza.
Nonostante i miei sei anni mi toccò di portare sino alla botte sul bordo del laghetto parte delle munizioni e parte degli stampi, che vennero posizionati con apparente casualità, infatti ancora non conoscevo nulla sulle modalità della disposizione degli stessi a seconda del vento e del tipo di anatra.
Il laghetto presentava all'inizio acqua bassa sino a 40/50 metri dalla botte, poi improvvisamente il fondo si abbassava sino a creare una depressione di 3/4 metri di profondità. Preparammo le poche canne che riuscimmo a trovare nei dintorni per camuffare il più possibile la struttura di cemento messa lì da pochissimo tempo, intorno a noi solo la bassa vegetazione di palude non offriva infatti molte possibilità ed alternative.
Finalmente mi sistemai con Enzo, che caricò il suo semiautomatico Beretta con cinque cartucce piombo tre e cinque, mi dette le istruzioni per guardare verso la zona che per lui sarebbe stata di difficile verifica e su come comportarmi in caso i selvatici si fossero avvicinati agli stampi. Era ancora molto buio ma si sentivano le voci della palude, alcune gallinelle si chiamavano dal canale poco distante e nell'aria si sentivano i richiami di anatre a me sconosciuti portati dal vento che tirava piuttosto deciso dal mare rendendo la giornata carica di promesse.
Mentre il cielo schiariva appena appena ad Est, si intravedevano i primi stuoli di anatre che altissime si stagliavano contro le nubi e che volavano controvento verso il mare. Lo spettacolo mi mozzava il fiato, ma nessuno degli stuoli più o meno nutriti che ci avevano sino a quel momento sorvolato sembrava mostrare alcun interesse, finché, improvviso ed inaspettato, qualcosa accadde.
Enzo si alzò in piedi scaricando il fucile verso uno stuolo di anatre che non avevo neppure intuito arrivare, apparentemente a tiro, ma che vidi andar via indenne, con il cuore in gola per l'emozione e la rabbia per non aver visto cadere nulla.
Il resto della mattinata passò senza alcun altro incontro, le anatre passavano tutte molto alte ignorando il laghetto e nonostante il mare mosso sembravano preferirlo sinchè, nonostante le mie rimostranze, decidemmo di uscire dall'appostamento, anche perchè, secondo Enzo, una delle anatre a cui aveva sparato sembrava aver accusato il colpo, per cui voleva controllare la zona verso il mare per accertarsi che non fosse caduta là. Sinceramente avevo dei dubbi, le avevo viste andar via e nessuna mi sembrava colpita, ma l'esperienza dovrebbe insegnare come dicevano i latini, infatti fu enorme il mio stupore quando vidi tra le rade e basse erbe a ridosso di una piccola duna di sabbia il corpo di un'anatra riverso sul dorso.
Corsi il più velocemente possibile e mi avvicinai raccogliendola, era un bellissimo esemplare di moriglione maschio, come dopo mi spiegò Enzo, con la sua testa ruggine ed il corpo grigio.
La guardai con pena ed affetto, mi intristì pensare come la morte di quell'animale mi avesse offerto tali e grandi emozioni, le stesse che per fortuna ancora oggi mi colgono quando raccolgo il frutto della mia passione e del mio enorme rispetto per la natura, passioni che hanno fatto di me una persona di principi sani che intendo con tutte le mie forze trasmettere a mia figlia, se lei lo vorrà, e che mi hanno sicuramente impedito di cadere, insieme a tanti miei coetanei, nei tranelli della vita che li hanno spinti a perdersi.

Torna all'elenco dei racconti


    I racconti sono stati letti: 222599 volte